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Progetti » Progetti Urbani » Napoli. Edilizia sostitutiva - 2005 » Abitare a Margine - 2005



 
Abitare a Margine
Edilizia sovvenzionata sostitutiva a Soccavo_ Napoli
 

ATP
Tiziana De Rosa,Antonio Pelella

Collaboratori:
render _ Enrico Carafa,Vincenzo Guadagno, Antonio Principale
progetto _ Roberto D'arienzo,Vincenzo Fiorillo, Lino Iorlano,Irene Lettieri,Michela Simonelli

Consulenti:
testi ed apparato critico _ Marco Cante

Committente:
Comune di Napoli

2005

 
 
(Robert Venturi)

“La casa, semplice nello scopo, rivela una complessa intenzionalità, se si vogliono esprimere le ambiguità dell’esperienza contemporanea. Il contrasto tra fini e mezzi di un programma è significativo: benché i mezzi del programma relativo all’invio di un veicolo spaziale sulla luna, ad esempio, siano infinitamente complessi, il fine è semplice ed implica ben poche contraddizioni; benché i mezzi impiegati nella progettazione e nella struttura di edifici siano di gran lunga più semplici e meno sofisticati tecnologicamente di quasi tutti i progetti di ingegneria, le intenzionalità sono molto più complesse e spesso profondamente ambigue.” 


1   

Introduzione al tema_ Abitare a margine. Soccavo come periferia

Il programma del Comune di Napoli per la sostituzione degli edifici realizzati a Soccavo con i fondi delle leggi 25/80 e 219/81 in prefabbricazione pesante, si articola in quattro fasi:
  1. Bandire un Concorso Europeo di idee.
  2. Individuare e progettare gli edifici di avvio all’intero programma di sostituzione (innesco).
  3. Individuare nei vincitori del concorso i consulenti al progetto definitivo.
  4. Edificare gli edifici senza spostare, preventivamente, in alloggi temporanei gli abitanti dei prefabbricati pesanti.
Quattro obbiettivi molto ambiziosi ma non irraggiungibili: già da tempo, in diverse città europee, programmi urbanistici simili sono stati attuati con successo.
Nella fase attuale si è giunti al quarto punto.
L’obiettivo che si è posto l’amministrazione, fatto proprio dai progettisti, è quello di edificare i nuovi alloggi per gruppi, ed in più cicli: 
a “trasloco” avvenuto si passa all’abbattimento degli edifici liberi e, di seguito, alla edificazione del successivo ciclo. Un meccanismo di vasi comunicanti che, iniziando dall’innesco, consentirebbe il rifacimento dell’intero comprensorio.
Com’è noto dal punto di vista della conformazione territoriale la conca di Soccavo è appartenente al sistema multipolare costituito dai crateri, dai laghi e dalle piane che caratterizzano la geografia dei Campi Flegrei - cui storicamente il casale si rivolgeva anche nei suoi principali rapporti socio-economici – ma, dopo l’acquisizione del casale nel 1926 come quartiere di Napoli, tali rapporti si rovesciano a favore di una decisa dipendenza dalla città. Dipendenza in parte leggibile come estensione a valle della collina del Vomero, di cui la Via dell’Epomeo costituisce un ideale prolungamento commerciale, ed in parte determinata dall’istituzione della linea Circumflegrea e dei trafori, aperti questi ancora negli anni Venti, per collegare la città alla sua estremità occidentale.
Il carattere dell’insediamento sparso del casale, attestato lungo le direttrici di collegamento fra la città e la pregressa condizione rurale dei siti periferici, non possiede, però, un livello di strutturazione pari a quello dei casali di Barra o Ponticelli. Tale indecisione formale è sostituita in parte dalla forte caratterizzazione ambientale delle conche flegree, un dato paesaggistico rilevante riconoscibile a colpo d’occhio su qualsiasi planimetria, che, nel caso di Soccavo, prende corpo soprattutto nel fianco pipernoide della collina dei Camaldoli, nel crinale della collina del Vomero e nel bastione di terra a sud del quartiere che borda il Rione La Loggetta.
Se possiamo quindi osservare e descrivere i caratteri di una periferia consolidata, ed appurare la fine della sua emergenza abitativa, allora il lavoro progettuale ed esecutivo da compiere è quello di elevare la qualità dell’abitare, la funzionalità urbana, la configurazione degli spazi aperti, la rivalutazione degli interstizi negli spazi di scarto e la ridefinizione di un patrimonio edilizio mediocre. Tutte questioni che, alla luce di un recupero anche energetico degli immobili, rappresentano notevoli occasioni di progetto.
In quest’ottica, dovendo lavorare all’estrema propaggine nord del sistema urbano per fasce parallele indipendenti di Soccavo, e quindi a ridosso del casale, abbiamo dispiegato un’azione progettuale interstiziale, di definizione dei margini, di rafforzamento delle configurazioni deboli delle aree d’intervento. Questo privilegio di lavorare a latere, nelle smagliature del tessuto, conferma la nostra affezione ad un principio, operativo ed intellettivo, della marginalità e della periferia intesa come occasione di disegno.
Infine, vale la pena sottolineare l’importanza dell’intero intervento soprattutto se considerato all’interno dell’odierno dibattito sulle periferie.
Alla semplicità tecnologica del processo di edificazione si contrappone la complessità del tema: la residenza e le periferie.
In tutto il continente  Europeo, ed in particolare in Francia ed in Inghilterra, la sostituzione delle residenze sovvenzionate e la riqualificazione delle periferie sono tra gli argomenti più dibattuti e sensibili e solo in pochissimi casi si è tentato il rifacimento delle abitazioni senza il trasferimento degli abitanti.
Lontani ormai i tempi in cui l’urgenza imponeva interventi massicci, ed alla luce delle nuove considerazioni in materia di urbanistica, società, ecologia urbana e risparmio energetico, si rende necessario riconsiderare il concetto di progetto urbano.
L’Ecologia Umanista stabilisce nuovi pesi per il rapporto costi/benefici  mettendo in crisi la logica del minimo per l’esistenza. Si è sempre più attenti sia al rapporto architettura/paesaggio, sia al rapporto alloggio/uomo/natura senza perdere di vista le risorse energetiche.
Alla luce di queste considerazioni la riqualificazione delle periferie assume un ruolo determinante per l’applicazione e la verifica di una nuova sensibilità per il territorio.
E’ auspicabile un impegno congiunto tra le parti impegnate nel programma di riqualificazione affinché la “nuova sensibilità” per il territorio cominci dalle periferie Napoletane. 
 

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Sintesi dell’evoluzione progettuale_ Processo di pianificazione

Considerando la richiesta, posta dal bando di concorso, della sostituzione edilizia e della rigenerazione urbana, si adotta il principio processuale di pianificazione evolutiva o di progetto incrementale.
Pensare e progettare la città come auspicabile condizione di interventi concreti e puntuali, calibrati ed interstiziali, ma soprattutto continui e diffusi così da costituire laboratorio in progressper elevare gli standard abitativi e della configurazione urbana, di cui le periferie e le città italiane necessitano con urgenza.
Lontano da grandi gesti programmatici o fondativi, le aree marginali periferiche necessitano ora di progetti intesi come la costituzione di un sistema di luoghi discreti, di punti nodali ad alta riconoscibilità, oltre che, ovviamente, di un riassetto generale del tessuto connettivo degli spazi aperti. Vittorio Gregotti parlerebbe di interventi urbani intesi come operazioni di alta manutenzione, come riscrittura dell’esistente attraverso innesti parziali e puntuali demolizioni strategiche capaci però di vasti cambiamenti di senso. 
Il progetto incrementale è il principio compositivo, nonché la naturale tecnica attuativa, derivabile dalla condizione operativa delle periferie consolidate: nelle smarginature del tessuto, nell’assenza di disegno degli spazi aperti, nella sconnessione fra ambiti distanti o giustapposti.Questo principio punta alla determinazione di inneschi di rigenerazione urbana a partire da interventi circoscritti ma ad alta definizione. La sua tecnica attuativa apre dei varchi, stabilisce prossimità, sutura sconnessioni, propone scarti e slittamenti di senso. Non essendo più proponibile, nella periferia consolidata, progettare in termini di interventi di fondazione, abbiamo dispiegato unprocedimento di natura timbrica, di sottolineatura di valenze possedute dagli ambiti di intervento e non espresse se non attraverso la risposta progettuale, volta a ricercare la filigrana ed il disegno nascosto che il sito implica.


 



3    

Rapporto con il contesto_ Progetto di suolo

Il disegno degli spazi aperti è stato un tema affrontato in maniera incompiuta dal Moderno: la logica degli oggetti, dell’allestimento a cielo aperto di pezzi autorevoli, ma soprattutto la volgarizzazione e strumentalizzazione di questi procedimenti, hanno in parte invalidato il grande lavoro pionieristico dei Maestri. Se il tema - adottato dal Moderno per ciò che riguarda le singole architetture - della separazione dei comportamenti è stato portatore di notevoli conquiste sul piano tecnico e linguistico (pensiamo all’opera di Le Corbusier), bisogna ammettere che tale principio è anche responsabile della dissoluzione della forma urbana della città contemporanea e della pesante ipoteca depositata dalla scarsa definizione degli spazi aperti. Riconosciamo che la logica dell’oggetto e quella del contesto possono interagire per dissonanza o per rapporto dialogico - nel momento in cui la purezza dell’oggetto è contaminata dalle imperfette condizioni assegnate dal contesto - ma questo implica talento compositivo smisurato, come si nota nella tecnica di straniamento/radicamento attuata da Giuseppe Terragni.
Il lavoro compositivo andrebbe così rivolto verso un tema indicato ancora dalla modernità, ma non sufficientemente indagato, che potremmo definire come azione interstiziale.      
E’ nella separazione delle parti e dei comportamenti che è richiesta una soluzione disegnata; se questo è particolarmente evidente sul piano delle tecniche esecutive del manufatto occorre ribadirlo ed incentivarlo sul piano delle strategie urbane, per ciò che riguarda il principio della interconnessione e della ricucitura tra ambiti indipendenti assegnati dalle condizioni specifiche di una periferia come Soccavo.
Per questo abbiamo trattato sempre come cerniere, o come elementi di ritegno fra parti separate, l’inserimento delle nuove abitazioni. Abbiamo cercato, cioè, di costituire quello spazio spurio di in-between, così come definito da Herman Hertzberger - nella cui traduzione italiana gli corrisponderebbe il concetto di soglia - vale a dire di spazio interno/esterno, aperto/chiuso o comunque di condizione complessa di intermediazione fra entità diverse. Pur proponendo la relazione/opposizione tra il suolo ed il manufatto, tra le preesistenze e le nuove costruzioni, si ricerca il rispetto delle relative pertinenze pubblico/privato, senza ambiguità di gestione e di appartenenza.
Interpretando ed astraendo dal principio di “corte aperta”, tipico processo formativo della masseria, si è adottato un modulo urbano con annessa corte: è importante sottolineare che tali corti sono di pertinenza dei singoli edifici il cui confine è progettato come margine protettivo per evitarne un utilizzo misto (semipubblico o semiprivato) che una confusa e problematica gestione ne determinerà il sicuro degrado. La ricerca di versatilità di tale modulo urbano è stata verificata nelle collocazioni planimetriche più problematiche che determinano variazioni di geometria e sovrapposizioni di figure negando la banalizzazione di elementi iterati su una griglia cartesiana sovrapposta ad impianti planimetrici dal tessuto complesso. 

A questo associamo il concetto di progetto di suolo, vale a dire il tema e la tecnica privilegiata, che permette di definire ambiti di tenuta strutturale del generale pattern configurativo ambientale. Tecnica che interagisce con quell’altra dell’avvio di progetti evolutivi, così come intesi nei termini qui specificati, e quindi dell’auspicabile e diffusa esecuzione, in tempi ragionevoli, di configurazioni urbane nucleari progettate per parti discrete. Un sistema multipolare costituito dalle emergenze e dal suo tessuto connettivo. Congiuntamente.
La relativa disinvoltura di collocazione dei moduli urbani, con le loro corti, ha invece richiesto molte attenzioni nella ricerca degli assetti planimetrici e topografici più adatti alle condizioni specifiche delle differenti situazioni insediative: si tratta di un sistema costituito da un oggetto, idealmente stabile ed integro, e dal suo sedime specifico e variabile, opera univoca di mediazione con il più immediato intorno. La previsione di una città che si trasforma sfruttando il concetto del progetto incrementale, dell’ipotesi di misurati, puntuali ma diffusi interventi di trasformazione, capaci cioè di una risonanza di gran lunga più estesa rispetto alla propria limitata scala d’intervento, trova nel progetto di suolo, nella valorizzazione degli spazi aperti, la sua configurazione stabile e contestuale. Il movimento di terra l’attenzione all’orografia, alla sua modellazione e significazione anche come vero e proprio manufatto tecnico urbano (pensiamo alle opere di canalizzazione a rete che deve ospitare), la strategia risolutiva e spaziale delegata agli assetti topografici - che ci colpisce così profondamente nell’opera di un Alvar Aalto o di un Juan Navarro Baldeweg - sono criteri contestuali primari ai quali ci rivolgiamo con profonda attenzione.


 


4

la membrana

La falsa pista interpretativa delineata da Bruno Zevi, su una perfetta coincidenza tra distribuzione funzionale interna e comunicazione semantica all’esterno di tali valenze, è messa drasticamente in discussione dalla dedizione cui oggi si assiste per il progetto dell’involucro del manufatto.
Attualmente tale dedizione si riscontra nell’attitudine di molti progettisti a lavorare sulla pelle dell’edificio come ad una componente determinante dei valori comunicativi e mediatici del manufatto architettonico.
Questa estrema risoluzione linguistica se da un lato mette in evidenza il valore dell’involucro come superficie preziosa e reattiva, anche sul piano climatico, manipolata con tecniche evolute, dall’altro non fa altro che toccare il fondo delle sue le sue origini: i graticci islamici, gli incannicciati del giappone antico, la massività lapidea della cella micenea e mediterranea, il fachwerk alpino e l’opera intelaiata in legno in area scandinava.
Le trasmutazioni alchemiche della materia in Herzog e de Meuron, la vibrazione, la tattilità e la perfezione dell’incastro in Peter Zumthor, il paramento di pietre accatastaste in Souto de Moura, gli intonaci pastosi in Steven Holl, la sublimazione di materiali poveri ed industriali in Manuel Gallego, i paramenti in laterizio indipendenti in Renzo Piano - e così via - riflettono l’ultimo determinante passaggio, da parte della cultura del progetto, da un’esibizione dell’ossatura strutturale dell’architettura - passando per un’esibizione della circolazione del software impiantistico e dei suoi meccanismi - ad una messa in evidenza dell’ultimo elemento di mediazione fra l’architettura, la sua spazialità interna, ed il sistema ambientale esterno.


 



5

la lente

Cercando una via italiana delle origini della modernità, le realizzazioni di Leon Battista Alberti o del Palladio, nei confronti della fabbrica gotica, rappresentano modelli di comportamento estremamente innovativi ed attuali.
L’architettura è una maschera (così Tafuri sull’opera di Terragni) che simula un comportamento in superficie confermando o dissacrando i contenuti ed il funzionamento dell’interno: un triplo ordine in facciata dissimula spesso i cinque livelli interni del palazzo rinascimentale così come paramenti perfettamente indipendenti appongono sistemi di segni concepiti da altre innovazioni culturali, come nel caso del Tempio Malatestiano, proprio dell’Alberti, o della basilica Palladiana a Vicenza.
Più recentemente nel razionalismo italiano in modelli come Terragni o Moretti, ma gli esempi potrebbero essere molteplici, assistiamo ad una reiterazione del tema del telaio strutturale e del complemento di facciata come protesi aggiunta o separata da un presunto nucleo spaziale originario e integro che diaframma l’interno dall’esterno (Terragni) oppure l’involucro assume un valore scultoreo e di profondità plastica tanto da considerarsi quasi come architettura aggiunta ma interagente come protezione del nucleo spaziale interno (Moretti).
In questo secondo senso, per il tramite dei muri a lente incisi come da una taglierina, l’involucro di inviluppo è uno spazio abitabile e tecnico, una conferma del tema dell’ingegneria romana dell’intercapedine di servizio, spazio non pensato come abitabile ma che di questo possiede importanti valenze e suggestioni.
La lente in parte conferma ed in parte travisa la distribuzione delle cellule interne permettendo gradi di adattabilità nell’impaginazione del pattern di facciata, con slittamenti e continue prove collocazione dei pieni e dei vuoti. Un puro esercizio di composizione.

 
                                                                              
 
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La cellula

L’importanza degli studi tipologici sull’abitare nel moderno vanta contributi autorevoli che in termini rigorosi hanno affrontato il tema della qualità dell’abitazione di massa. Risolvere l’impianto di una cellula abitativa, a partire dal limite delle quadrature e della normativa funzionale sull’edilizia sovvenzionata, è sempre esercizio di estrema concentrazione.
La notevole offerta di differenti quadrature per tutto l’intervento di sostituzione dei prefabbricati pesanti, presenta ricorrenti scelte tipologiche nell’aggregazione delle varie pezzature e nel comportamento distributivo della singola abitazione:

·         esiste una tolleranza dimensionale fra una cellula e l’altra costituita dalla separazione dei corpi scala e dalle intercapedini tecniche
·         la zona soggiorno – pranzo è sempre elemento passante che interpreta il doppio affaccio dell’abitazione (orientata S/N o O/E) con zona cottura isolabile
·         il pluriuso è indicato come ambito e non come stanza a sé stante. L’utente può valutare se isolare tale spazio o meno
·         ciascuna cellula è suddivisa in tre fasce parallele con la zona notte a ridosso dei camini di ventilazione, la zona cottura e servizi a ridosso dei corpi scala - serventi ciascuno due cellule - e la zona soggiorno – pranzo - posta al centro come separatore e connettivo ad un tempo - che permette così di ridurre al minimo i disimpegni
·         la cellula in copertura presenta in alcuni casi una soluzione poco usuale per l’edilizia sovvenzionata ma più frequente per il condominio anni Cinquanta: una zona a patio, orientata nel senso ortogonale alla cellula sottostante, divide la zona giorno dalla zona notte tramite un soggiorno all’aperto pergolato conferendo valenza di attico attrezzato a tale conclusione
 L’inviluppo di lame di aria che circondano la cellula (le logge, le intercapedini tecniche ed i corpi scala) isolano il mondo intimo dell’abitare pur nell’aggregazione urbana ricercata dall’insieme dei nuclei abitativi. Suggestione questa mutuata dall’idea delle ville sovrapposte degli Immeubles Villas.
 
 
 
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Comportamento bio_ climatico

Alcuni semplici criteri di architettura solare passiva, compresi i serbatoi di acqua a sezione circolare utilizzati come snodi compositivi, sono adottati nella convinzione che nel più immediato futuro le relazioni tra l’attività di vita urbana e la scarsità di acqua e di energia sarà sempre più una questione centrale dell’abitare. Per questo i manufatti sono come rivestiti da un doppio involucro naturalmente reattivo, privo di sofisticazioni tecnologiche, che interagisce con l’ambiente esterno in termini osmotici di scambio. Si inviluppano così le tipologie a doppia esposizione con un involucro tecnico ed abitabile integrato alla struttura portante delle residenze. I serbatoi per l’acqua piovana raccolgono le riserve per l’irrigazione del verde di pertinenza. L’involucro reagisce passivamente alle sollecitazioni climatiche che devono essere supportate anche da sistemi attivi. Il disegno delle facciate si tramuta così nell’organizzazione di una condizione tecnica e spaziale in luogo di un impaginazione prettamente bidimensionale, che pure rappresenta un tema di notevole interesse progettuale.
Il tentativo di cercare coerenza e prossimità fra le parti urbane coinvolte ha informato i criteri della disposizione dei manufatti, e della concezione degli spazi aperti connessi, sostitutivi dei prefabbricati pesanti nella convinzione che il progetto della periferia debba tendere, con tenacia, alla costruzione di un luogo.